mercoledì 24 ottobre 2018

Halestorm LIve all'Alcatraz di Milano- recensione

Ed eccomi dopo molto tempo a recensire un concerto live: purtroppo tempo scarso e pigrizia mi hanno impedito di recensire alcuni concerti che valevano almeno qualche riga, Green Day e Shakira su tutti, ma...Hey! nessuno è perfetto! Quindi cerco di rimediare con il concerto degli Halestorm del 22 ottobre all'Alcatraz di Milano.
Preso per tempo e prudentemente il biglietto (in effetti si è registrato il Sold Out) ho atteso con trepidazione crescente il concerto. L'ultimo disco mi è piaciuto assai, ed era 3 anni che li attendevo. Nei giorni precedenti avevo nutrito la mia attesa cercando qualcosa su di loro nei vari inserti dei giornali, ma Tutto Milano di Repubblica liquidava il concerto in 2 righe 2 (mooolto più importanti un gruppo di ex-giovanotti di mezza età come gli Spandau Ballet e non mi ricordo quale rapper à la page....) ed anche il giorno del concerto c'era un trafiletto in cui si diceva soltanto che "erano famosi per l'attività Live"...tralasciando 2 Grammy Award vinti e 4 dischi in studio...quisquilie...
Lasciando da parte la felice ignoranza dei giornalisti (presto o tardi scriverò qualche polpettone su quella cosa chiamata critica...) parliamo del concerto. Arrivo all'Alcatraz (in via Valtellina) sfruttando i mezzi pubblici. Piccola nota: ormai Milano, almeno da questo punto di vista, si sta realmente avvicinando alle grandi capitali europee, si può girare abbastanza comodamente usando i mezzi pubblici, e se potete, ve lo consiglio, meno inquinamento, più economico  e meno stress.
Fatto vedere il biglietto (in realtà nessuno mi ha cagato, mi hanno ispezionato con un metal detector (!) e lasciato passare senza strappare il tagliando, quindi ne deduco: pagare il biglietto è un optional e basta non andare imbottiti di esplosivo per entrare? A saperlo prima risparmiavo...) entro nella sala e con mia sorpresa vedo che è giù praticamente pieno: E' vero che sono arrivato poco dopo le 20.00 ed il concerto inizia alle 21, ma non pensavo di trovare già il pienone. Il mio piano tattico di sedermi nella parte davanti al palco va quindi a pallino, però alla fine sarà un vantaggio.
In effetti inizio  a posizionarmi sulla parte sinistra del palco, piuttosto vicino a questi e mi godo il gruppo di apertura, tali DevilSkin, che non sono per nulla male: la cantante ha i suoi argomenti, e non solo prettamente vocali, ed i due che l'accompagnano al basso e chitarra, hanno il Look e la grinta giusta, a metà fra gli ZZ TOp e dei vikinghi incazzati neri...
Finiscono il set giusto verso le 20.30, il tempo di assaporare la solita birra gelata (che in larga parte finisce dentro il cestino della spazzatura più vicina, non rischio una congestione per finire una birra del cazzo, ed è l'ultima volta che ci casco) e per guardare un po' com è composta la fauna degli spettatori, che, con mia sorpresa, è decisamente più "aged" di quanto ci si potesse aspettare. Ci sono sì ragazzi, ragazzotti e qualche ragazzina, ma alcune persone sono decisamente sopra i 40 ed anche i 50. In particolare c'è una copia davanti a me, che ci si potrebbe aspettare di vedere che so, al cineforum o a qualche conferenza culturale, che non ha paura di stare a 5 metri dal palco attorniato da ragazze variopinte e ragazzi zazzeruti e debitamente sudati.
In ogni caso mi sistemo bene proprio alla sinistra, ad un paio di metri dalla barriera, con un ampificatore in mezzo ad oscurare un poco la vista ma messo in buona posizione per vedere Lizzy, il chitarrista e Arej alla batteria, un po' meno n bassista che però, durante il concerto, spunterà a sorpresa dietro l'amplificatore a farsi vedere. Che caruccio!
Alle 21 in punto (ma sono della Pennsylvania o Svizzeri?)  il concerto ha inizio con Black Vulture, per poi proseguire con Love Bites, Mz Hyde e Apocalyptic. Da subito è chiaro che la band è in vena, Lizzy tiene il palco in modo magistrale e i ragazzi la assecondano in modo fantastico.
Lizzy è in tenuta da combattimento, per così dire: minigonna cortissima di pelle nera, e tacchi a dir poco vertiginosi, direi anzi più che vertiginosi, nel senso che fanno venire le vertigini a tutti quanti, donne e uomini, grandi e piccini. Il tutto condito da una voce "da paura". I momenti Clou del concerto sono Killing ourselvs to death e Do not Disturb, ma soprattutto Amen, che viene allungata forse del triplo della sua durata, con una vera suite musicale da band di razza, e durante i bis, dopo  The silence, l'unica ballata che il gruppo si concede (in alcuni concerti hanno anche eseguito Another Taste of Poison) spicca Miss the Misery, dove Lizzy si butta dentro con grandissima energia (come per il resto del concerto, peraltro) e anche qui il pezzo è decisamente più lungo con vari assoli e variazioni.
il concerto si chiude con la canonica Here's to us in cui il gruppo saluta (insieme anche alla band di supporto) tutto il pubblico, dimostrando grande simpatia e gratitudine per il pubblico arrivato numeroso e molto caloroso, e che spesso ha accompagnato la band cantando a squarciagola le canzoni.
Un paio di ragazzi  dall'accento emiliano commentava durante il concerto che "meritano un altro palco, sono bravi, meritano di più". Concordo, ma purtroppo ormai ai giovani (con qualche eccezione) il rock non interessa più: preferiscono finti fenomenti come il "rap italiano" o musichette stagionali, almeno qui in Italia. Venti-venticinque anni fa gli  Halestorm avrebbero venduto milioni di copie e riempito stadi, adesso suonano all'Alcatraz (seppure con Sold Out)
E' un peccato, ma non per quelli che erano lì,  ma per quelli che non ci sono andati.
IO c'ero, e per il resto, come diceva quel noto filosofo latino...Sti cazzi!
Ultima nota: a mio avviso questo è il migliore dei 3 concerti che ho visto degli Halestorm, e credo sia la loro miglior tournèe.
Speriamo tornino presto...
(si ringrazia l'autore del video)

sabato 13 ottobre 2018

Il ritorno di Avril Lavigne - Head Above Water



Sono passati 5 anni dall'ultimo lavoro targato Avril Lavigne, la cantautrice rock canadese che ha firmato alcuni dei dischi più significativi della prima decade del ventunesimo secolo (chi non apprezza un disco come Under My Skin? ). Difatti, dopo l'uscita del self titled quinto disco, che aveva deluso (parzialmente) una parte dei fans, ma era piaciuto alla critica ed al sottoscritto, e nel bel mezzo del relativo tour, Avril aveva iniziato ad accusare sintomi di stanchezza, sintomi che i medici consultati avevano mal diagnosticato credendoli sintomi di semplice stress o di anemia. Grazie ad un amico ben informato Avril aveva invece capito che si trattava di ben altro, e consultando un medico esperto, aveva scoperto che si trattava della sindrome di Lyme, una malattia che può intervenire a causa di una infezione causata da morsi di zecca o altro parassita.
Costretta a letto e debilitata, Avril ha trovato la forza di sconfiggere questa malattia, ed appena riacquistate le forze ha iniziato a lavorare al suo nuovo disco, un lavoro che è durato 2 anni, intervallato solo dall'uscita del singolo Fly, scritto per i Giochi Paralimpici.
Finalmente il27 settembre è uscito il singolo accompagnato dal video, Head Above Water, in cui racconta la sua battaglia contro la malattia, con parole semplice e forti. Il brano è un brano solenne, enfatico, caratterizzato da un ritornello inusuale, e con un finale sorprendentemente rock. Il video, girato in Islanda, sottolinea la musica e, per una volta tanto, non è un inutile orpello. La canzone è arrivata in vetta alle classifiche di USA e Canada, e per un brevissimo tempo, anche in Italia.
Welcome Back Avril!

lunedì 8 ottobre 2018

Halestorm: Vicious-recensione

Vicious è il quarto disco del gruppo rock/metal americano degli Halestorm- La band, capitanata dalla sensuale Lizzy Hale, dimostra ancora una volta di saper padroneggiare la materia rock come pochi gruppi attuali (forse i soli Foo Fighters) sanno fare.
Il disco si apre con Black Vultures, dalle reminiscenze Grunge, che forse è proprio il pezzo che richiama maggiormente la musica dei Foo. Il brano appare convincente come apripista di un disco dalle cadenze più rock rispetto al precedente, ma che si differenzia anche da "The Strange Case" nella ricerca di sonorità rock ma con ritmi più pacati rispettto al secondo disco. In questo senso, a mio avviso il disco richiama in certi momenti l'esordio del gruppo, seppure qui le canzoni abbiano un taglio più rock, più dure, mentre nel primo disco si trattava soprattutto di ballate. Skulls, il secondo brano sintetizza un poco quanto appena detto, un mix di momenti "da ballad" e momenti più duri, più hard. "Uncomfortable" è un brano decisamente più veloce che soddisfa completamente, mentra Buzz, si apre con sonorità leggermente più calme, ma che esplodono in un potente Hook, che anche qui ricorda un po' le aperture melodiche/hard del primo disco. A seguire arriva Do not disturb, un brano dal testo e dalle atmosfere sensuali in cui Lizzy racconta un triangolo amoroso consumato in un hotel. Testo piccante che ben si coniuga con una musica che ne sottolinea l'ambiguità e la sensualità, sicuramente uno dei brani migliori del disco.
Conflicted è un brano altrettanto sensuale, ma che lavora più di sottrazione, con un riff costruito soprattutto sul basso mentre la chitarra è tenuta (almeno inizialmente) in disparte, per poi prendere il sopravvento lentamente. Killing Ourselved to death è, come si capisce fin dal titolo, un rockettone di quelli che lasciano il segno, un vero e proprio anthem per tutti i fan della band (e non solo) che si può facilmente prevedere diventerà un cavallo di battaglia dei live show della band.
Anche qui però la band dimostra di essere cresciuta tantissimo, permettendosi un bridge quasi totalmente differente dal resto del brano per poi ributtarsi, grazie alla chitarra di Joseph Hottinger (ottimo chitarrista ) nel caos gaudente del brano.
Heart of Novocaine  è una ballata che arriva nel momento giusto per placare gli animi, ma di certo non le emozioni, che continuano grazie alla interpretazione sentita ed emozionale di Lizzy.
Painkiller e White Dress sono altri brani che proseguono il discorso del disco, con il secondo che si fa preferire. Vicious è il brano che dà il titolo al Cd, e devo dire che è forse l'unica delusione del disco, nel senso che non si distingue particolarmente dagli altri brani, Viceversa The Silence è una bellissima ballata acustica, che fa un poco rimpiangere che ce ne siano così poche nel disco.
In conclusione un altro ottimo disco della band americana, che come al solito non delude.
E adesso tutti ad attendere il concerto del 22 ottobre a Milano...



sabato 12 maggio 2018

Kim Wilde - Kandy Krush ovvero il Ritorno dela Regina !



Dopo u lungo periodo di tempo, durato grosso modo da metà degli anni 90, in cui Kim Wilde, icona sexuy degli anni 80, si era dedicata ad altro, dallla famiglia al giardinaggio, l'artista londinese è tornata sulla scena musicale: prima con qualche tour di carattere nostalgico in compagnia di altri idoli giovanili degli anni 80, poi con progetti discografici veri  e propri come il duetto con Nena (cantante pop-rock tedesca che ebbe successo con 99 baloons) e poi con un disco solista, doppiato oggi da un nuovo cd intitolato "Here comes the Aliens" in cui fa spicco questo video che propone una Kim tornata ai vecchi amori rock degli esordi, con un brano frizzante e pieno di energia che fa un po' rimpiangere i bei tempi in cui anche il po più disimpegnato e "leggero" erano ben tinto di colori e sfumature rock o new wave o punk o hard, mentre oggi vi è un piattume generale con canzoni obbligatoriamente "rappate" e tutte o quasi con lo stesso stile. Quindi non possiamo che dire: bentornata  Kim.

Dio Salvi la Regina del pop inglese !

martedì 27 febbraio 2018

Transvision Vamp : i want your love


Nell'estate del 1988 il Regno Unito ma direi buona parte dell' Europa furono scossi da un ciclone: questo ciclone si chiamava Transvisione Vamp e si incarnava nelle vesti succinte di una biondina tutta pepe, che di nome faceva Wendy e di cognome James, che sembrava un incrocio irriverente fra Deborah Harry, Madonna e Joan Jett. Sfacciatamente vestita di rosa dichiarava che "voleva il tuo amore" non i vestiti e non gliene fregava niente dei vecchi miti, andassero a farsi maledire. Il gruppo firmò un paio di dischi pieni di canzoni tra il pop ed il punk, almeno una decina di anni prima che venisse coniato il termine, canzoni e melodie semplici ma molto orecchiabili e coinvolgenti, secondo la più antica e sana ricetta del rock'nroll, canzoni dìpiene di rabbia ma anche di divertimento, prima di impegolarsi in progetti poco convincenti e sparire dall'attenzione e dalla circolazione.
E qui non possiamo che rinfrescarci la memoria con il loro primo successo "I want your love".


mercoledì 21 febbraio 2018

The Knack - My Sharona 1979



Ad agosto del 1979 esce negli Stati Uniti D'America il singolo My Sharona, dei the Knack, un gruppo power pop (un genere musicale coniato più o mneo per l'occasione). Il disco era costato solo 18.000 dollari, e grazie a questa canzone, che diventa una smash Hit nel giro di poche settimane, sarà uno dei più grandi successi dei primi anni 80 vendendo due milioni di copie in un solo mese. L'album  Get the Knack ebbe un similare successo arrivando alla numero uno per 5 settimane. Il gruppo capitanato  da Doug Fieger, non riuscì più ad emulare il successo ottenuto così precocemente, e si scioglierà dopo il terzo disco alla fine del 1981, per poi riformarsi senza lasciare altre tracce di sé, nel 1991. Doug Fieger è morto nel 2010 di tumore, a 57 anni di età, nonostante fosse astemio e vegetariano.

sabato 17 febbraio 2018

Recensioni: Underworld dei Tonight ALive


Underworld è il quarto disco dei Tonight Alive , I precedenti dischi erano il promettente What are you so scared of seguito dall'eccellente The Other Side e dal più problematico Limitless, accusato da una parte dei fan di essere troppo "pop". Il cambio di etichetta, dalla megamultinazionale Sony alla più piccola Hopeless Record (non un nome molto ottimista, ma vabbè...) sembra aver dato nuova linfa alla creatività del gruppo australiano, che comunque non avevano realizzato un disco così scadente come da molti asserito con una certa dose di superficialità. Di certo la musica è più grintosa nel suo insieme, anche se siamo molto lontani dal primo disco. Il sound è sì aggressivo, ma anche molto rifinito e anche "pop". Il disco nel suo insieme, più che un passo indietro rispetto al precedente, lo si può considerare viceversa un approfondimento, che segue quindi la linea degli ultimi due ma senza cadere in certe sonorità da pop band. I Tonight Alive insomma non tornano indietro, o almeno lo hanno fatto giusto per prendere la rincorsa. Dopo tutto sto papocchio di roba mi chiederete: ma insomma il disco è buono o no? Risposta negativa: il disco non è buono: è ottimo! per non dire eccellente, ma con le eccellenze mi hanno fracassato i cabasisi e allora limitiamoci a dire che è veramente buono buono.
Il disco si apre con Book of Love, con sonorità alla PVRIS. A segure Temple, un pezzo più hard rock, con un bel riff, anche se il chorus non mi convince molto. Disappear si avvicina ancora in parte al suono dei già citati PVRIS, tanto è vero che vede il featuring di Lynn Gunn,  cantante dei sopracitati.  l pezzo è comunque splendido, ben strutturato, con un mix di atmosfere in parte melodiche e in parte rock, che sono poi un marchio di fabbrica dei TA. Altrettanto bello è The Other, con un Hook veramente irresistibile. In My dreams si caratterizza per sonorità più lente e solenni, molto fascinose. For You è una ballata quasi pop che si avvicina al precedente disco. Crack My heart fa risalire la tensione con le sue atmosfere drammatiche che esplodono nel ritornello e nel bridge con effetti catartici. Just for Now riesce ad unire atmosfere pop con l'urgenza del punk. Burning on ha un inizio quasi alla U2 dei bei tempi, ed ancora una volta il canto di Jenna McDougall si eleva rendendo il tutto qualcosa di magico. Ma non è finita, perché anche gli ultmi 4 pezzi non deludono affatto, anzi sono ancora più belli. Waiting for the end incanta con le sue atmosfere nostalgiche e vellutate che crescono man mano raggiungendo vette di lirismo inusitato. Last Light è una canzone d'amore che ci dà un attimo di tregua sul piano del ritmo, ma non su quello della bellezza, e ricorda un po' i  fantastici Cranberries, se non altro per il senso melodico. Looking for Heaven è una ballata di pianoforte, semplicemente stupenda. Ed infine My Underworld, ballata con duetto con Corey Taylor, con il quale si conclude questo viaggio fra emozioni e sentimenti, alle volte tristi e complessi, ma sempre positivi.
In conclusione un capolavoro, senza se e senza ma. Speriamo che nessuno ci porti via i Tonght Alive, perché questi ragazzi sono dei grandi.

sabato 20 gennaio 2018

In ricordo di Dolores O'Riordan

Dolores O'Riordan, voce ed anima dei Cranberries è morta il 15 gennaio del 2018, a soli 46 anni. Sconosciute le cause si dice. Depressione, anoressia... ho letto anche stupidaggini su ritmi circadiani e luci blue...
Non  voglio raccontare la storia dei Cranberries...c'è Wikipedia per quello. Voglio raccontare di come ho conosciuto I Cranberries e Dolores. Dolores, un nome che suona per noi latini come evocativo di qualcosa di tragico, di doloroso, appunto,  e su cui si poteva fare del facile e stupido umorismo. La prima volta che la vidi fu, come credo per quasi tutti, con il video di Zombie. Un video forte, con immagini forti,:soldati, bambini che corrono, muri diroccati e con sopra scritte, murales, colori neri...una musica rock non banale, forte, ritmata. E poi lei: piccola, quasi minuscola, coi capelli corti e l'aria più da ragazzino che da ragazzina. In ogni caso quasi indifesa. eppure forte, con una voce potente e la determinazione di chi grida "smettetela di ammazzarvi, non serve a niente!". Un video ed una musica del genere non hanno bisogno di traduzione per essere compresi, anche se in lingua straniera. Non sono mai andato a leggermi il testo tradotto. Non ne avevo bisogno. Ma i Cranberries e Dolores non erano solo questo, erano tante diverse canzoni, diversi toni musicali, e tante diverse liriche. Ora tenui, ora raffinate, ora graffianti, ora d'amore o di solitudine, o di rabbia. I tanti colori di cui è fatta una vita che valga la pena di essere vissuta.
Non so, ripeto, perché è morta. So che attorno al 1996, al tempo del loro terzo album, Dolores aveva avuto problemi, problemi di anoressia si disse, ma l'anoressia è l'effetto e non la causa. Problemi di depressione, più probabilmente. Quindi il tour venne annullato: ma poi lei si riprese, ed anche la musica del gruppo tornò ad essere più solare.  Dopo un periodo in cui provò la carriera solista i Cranberries si riformarono. Il disco era buono, ma i vecchi tempi erano andati. 
I Cranberries li ho visti 3 volte, ed una volta lei da sola. Le prime due volte nel 2002. Vennero due volte a Milano, ed in entrambi i casi realizzando sold out. La rividi nel 2007, nel tour da sola, e mi parve diventata un po' fredda. L'ultimo concerto devo ammettere che fu un po' deludente. Un'oretta e mezza scarsa, e poi via senza quasi salutare.
Ma queste sono piccole cose nei confronti di tutto quello che questa band e questa piccola, ragazza, poi diventata donna e madre, ci ha dati. Quella voce potente e nostalgica al tempo che ti trasportava via in un'altro mondo, lontana dalle guerre e dalle miserie del mondo, in un mondo di dolcezza e poesia.
Perchè tu Dolores, puoi essere morta, ma la tua voce e la tua musica, vivranno.
Per sempre.