Joe Jackson Ha attraversato più di 30 anni di carriera musicale, tra alti e bassi, passando con disinvoltura fra i generi più disparati, dalgli esordi New Wave dove mischiava sapientamente Reggae e rock, al Jazz, suo primo e grande amore, al pop di classe, ed ancora al rock, alla sperimentazione, alle colonne sonore di film fino a ritornare ai suoi primi amori, ovvero jazz e rock. Qui lo vediamo in piena era "new Wave" con One More Time, rock energetico e di prima classe.
Qui si parla di Rockenroll in modo leggero ma, spero, non superficiale. Rockabilly, bluesrock, punk, dark, hard, heavy(poco) funk, jazz, R&B, Ska, folk, grunge, di tutto un pop. Qui non troverete scomuniche a questo o quell'altro, o settarismi degni di qualche setta religiosa od ideologica ma solo spunti per ascoltare, divertirsi o riflettere su ciò che è rockenroll anzi uockenuoll, come direbbe Paola Maugeri. Buon divertimento!
mercoledì 27 novembre 2013
Joe Jackson - One More Time
Joe Jackson Ha attraversato più di 30 anni di carriera musicale, tra alti e bassi, passando con disinvoltura fra i generi più disparati, dalgli esordi New Wave dove mischiava sapientamente Reggae e rock, al Jazz, suo primo e grande amore, al pop di classe, ed ancora al rock, alla sperimentazione, alle colonne sonore di film fino a ritornare ai suoi primi amori, ovvero jazz e rock. Qui lo vediamo in piena era "new Wave" con One More Time, rock energetico e di prima classe.
martedì 26 novembre 2013
Manic Street Preachers - Anthem for a Lost Cause
Gallesi, i MSP non hanno mai tradito né le loro idee socialiste e libertarie, né la loro terra ed il loro popolo. Tornano su uno dei più importanti avvenimenti sociali degli ultimi 30 anni, lo sciopero che i minatori gallesi intrapresero, venendo sconfitti, contro la politica antisindacale di Margaret Thatcher.
Il video illustra la durezza della lotta senza retorica, ma con molta dolcezza, mischiando intelligentemente personale e politico, ed il titolo non nasconde la realtà della sconfitta storica per il movimento sindacale ed operaio non solo inglese. Ma rivendica con orgoglio e lucidità che certe battaglie vanno combattute, anche se si sa che sono cause perse, perché la vittoria non sta nel vincere, ma nell'affermare la propria dignità, nel rimanere a testa alta qualsiasi cosa accada.
martedì 19 novembre 2013
Recensioni: Diane Birch - Speak a Little Louder
Diane si era segnalata quattro anni fa con un interessante e
piacevole lavoro, che riprendeva la musica west coast degli anni 70 sporcandola
leggermente di accenni soul e Rithm&Blues, intitolato The Bible Belt, con
la quale si era fatta conoscere ed apprezzare dalla critica e dal pubblico più
attento.
Ora torna con questo nuovo Cd, che riconferma e, se
possibile, rafforza le impressioni positive del primo album. A differenza di
molte altre sue colleghe della scena “indie” o “alternative” Diane non indulge
arrogantemente in atteggiamenti musicalmente elitari, ma lavora sulla materia
della musica pop senza inutili e falsi snobismi, riuscendo a coniugare qualità
e raffinatezza della composizione con una vena pop che rende estremamente
gradevoli materiali sonori che sarebbero altrimenti ostici.
Così nel disco troviamo brani come Lighthouse, dalle cadenze
sofficemente electro-pop, non troppo dissimili dagli ultimi lavori di Ellie
Goulding o Katy Perry, o All The
Love You got un brano splendidamente
pop, si accompagnano a pezzi come Superstars o Play It On, basati sul
pianoforte e sull’ottima vocalità di Diane, mentre brani comi Pretty in pain ,
Diamonds in the Dust e Hold on a little Longer si riallacciano alle sonorità
del primo disco, ma c’è spazio per pezzi come Love and War e la splendida
Frozen Over che trasudano di Soul e RnB da tutti i pori.
Ci troviamo quindi di fronte ad un disco di assoluto
livello, variegato e piacevole, un disco che non riesco a smettere di
ascoltare, nonostante altri ottimi dischi da me comprati, e ritengo il miglior
disco dell’anno fino ad oggi, Straconsigliato.
sabato 9 novembre 2013
Recensione di Avril Lavigne
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Quinto disco della cantautrice e rocker canadese. Arrivando
dopo un disco come Goodbye Lullabye, molto coraggioso e molto bello, ma anche poco compreso, si presentava come
un disco difficile.
Pensavo, o meglio temevo, che Avril avrebbe cercato il
successo facile, oppure che si sarebbe ripiegato su se stessa mettendosi a
scimmiottare il proprio passato. Per fortuna il disco ha fugato questi timori,
e presenta una Avril Lavigne rinata, che propone un nuovo lato di se stessa
senza però tradire il suo passato e le sue caratteristiche.
Il disco inizia con Rock’n Roll un pezzo di Power Pop alla
Joan Jett che omaggia la vita ribelle e l’anticonformismo, con un ritornello
irresistibile ed un rude assolo di chitarra.
Here’s to Never Growing Up è una dichiarazione di intenti,
la voglia di non crescere mai, e omaggia chiaramente la sua prima hit Complicated.
17 è un pezzo nostalgico che parla di amori adolescenziali,
un poco stile The One that Got Away di Katy Perry, ma con un ritmo più
sostenuto ed un arrangiamento migliore
Bitchin Summer è un pezzo che sembra uscito da Let Go, altro
pezzo adolescenziale ed estivo,
Il trittico successivo è veramente di altissimo livello ed
inizia con Let Me Go, duetto con il cantante dei Nickelback, nonché neomarito
Chad Kroeger, una ballata possente e romantica, le voci di Avril e Chad si
fondono alla perfezione dando luogo ad una delle canzoni migliori dell’album.La
track successiva intitolata Give you What you Like è ancora più intimista, è una tenue
ballata, dagli accenti tra il country ed il psichedelico, la voce di Avril è
splendida e ascoltarla produce dei veri brividi.Non si fa tempo a tirare il
fiato che la voce profonda di Marylin Manson ci introduce a Bad Girl, il pezzo
più rock dell’album, ancora più trascinante di RocknRoll in cui la voce di
Avril sorretta da chitarre elettriche ci trasporta in una sorta di viaggio
infernale. Irresistibile!
La track successiva intitolata Hello Kitty ci sorpende ancora, seppure non in senso
totalmente positivo. Difatti è una stravagante excursus nella musica
techno/elettronica, un misto fra Kesha e PSY. Divertente ma dopo un paio di
minuti annoia.Il disco riprende quota con You aint seen Nothin Yet, un pezzo
pop/rock veloce e spensierato anche qui con un ritornello fantastico.
Meno convincente Sippin On Sunshine, altra summer songs che
scorre senza particolari emozioni.
Dopo un paio di passaggi a vuoto però il disco si risolleva
con un’altra tripletta.
La prima canzone della serie è Hello Heartache, che si apre con un
insolito coro, che ricorda quasi le colonne sonore dei film italiani anni 70
(c’è da scommetterci che piacerà a Quentin Tarantino) e prosegue con una
ritmica abbastanza veloce, per poi variare diverse volte nel ritmo e
nell’intensità. Veramente sorprendente.
Falling Fast è una canzone stile la Alanis Morrisette di
Jagged Little Pill splendidamente interpretata da Avril.
Il disco si chiude degnamente con Hush Hush, altra
bellissima ballata di pianoforte
In definitiva è un disco che non delude,e come i precedenti
lavori di Avril è un eccellente disco, anche se gli manca qualcosa ancora per
essere un capolavoro. Penso che un pezzo rock in più al posto di qualche summer
songs sarebbe stato meglio, e mi chiedo per quale ragione preferire una
stravaganza come Hello Kitty alla preannunciata Fly, una ballata a cui pare
Avril tenesse molto.
I pregi però sono molti di più, è un disco molto più vario
dei dischi precedenti, che soffrivano tutti (con l’eccezione di Let GO) di una
certa monocromaticità.
Ci sono almeno 4-5 canzoni che meritano di entrare in una
top ten delle migliori canzoni di Avril, la produzione è pressoché perfetta ed
alcune cose (la parte finale di Let Me GO, l’attacco di Bad Girl, la intro di
Hello Heartache) sono geniali. Infine Avril dimostra di essere una cantante coi
fiocchi, passando da un genere all’altro e dando spessore con la sua voce,
capace di passare dagli acuti più alti
e “rock”a toni bassi e intimisti con supefacente disinvoltura, alla sua
musica.
Forse questo disco non andrà in vetta alle classifiche, di
certo è destinato a rimanere a lungo nei nostri cuori.
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