lunedì 22 maggio 2017

recensione di After Laughter di Paramore


After Laughter è il quinto album ufficiale dei Paramore. Il precedente self intitled album, aveva segnato un cambiamento non solo nella line up del gruppo, ma anche nella musica, diventata più pop ma anche più varia ed aperta, e a mio modo di vedere anche mostrava una notevole maturazione del gruppo, che passava da un ambito adolescenziale ad uno più maturo. Questo disco segnala una mutazione ancora più netta nella musica dei Paramore. È necessaria a questo punto una lunga premessa: arrivati al terzo/quarto disco il gruppo o solista che sia si trovano di fronte ad un dilemma: continuare ad andare avanti come niente fosse, rischiando di ripetersi ed annoiare e diventare delle parodie di se stessi, oppure cambiare, poco o tanto, aprendosi ad un pubblico più variegato e mettendosi in gioco, crescendo e maturando, ma rischiando anche accuse (non sempre peregrine) di essersi svenduti, o di aver perso di vista le proprie caratteristiche, finendo magari per proporre una musica ancora più banale e stantia di quella che si era appena lasciata alle spalle.
Si possono fare molti esempi nell'uno o nell'altro senso: credo che il confine  fra maturazione e "sputtanamento" sia sottile e spesso indefinito, ma credo anche che un gruppo possa ritenersi fedele a se stesso se, pur cambiando la forma musicale, mantiene inalterato lo spirito che lo anima, e se mantiene una certa originalità musicale.
Ritengo che After Laughter ricada in quest'ultima categoria. Il disco prosegue quindi il percorso iniziato con "Paramore", diciamo si ispira alla parte più pop di questo, tanto per capirsi a brani come Still into you e Ain't it fun soprattutto. La gran parte dei pezzi sono di tipo dance /funk, ma mantengono una propria matrice che li distingue dalla musica attuale in modo abbastanza netto. In qulache pezzo qualche piccolo rimasuglio di Pop/punk rimane, e vi è spazio per esperimenti acustici,come in 26, o per brani ibridi, come Fake Happy" dove pop, acutico e pop/rock si intrecciano. Vi è anche spazio per brani sperimentali, come lo stranissimo "No Friend", dove Hailey Williams non canta. Alla fine se vediamo i Paramore continuano a parlare nei loro testi degli stessi argomenti: amore, odio, solitudine, speranza, tristezza, allegria e alienazione e rabbia. Solo lo fanno in un modo diverso, più sottile, più articolato e sfuggente. Le canzoni sono in ogni caso dannatamente orecchiabili come e più di prima e mettono ugualmente voglia di ballare, muoversi, urlare.
Insomma è cambiata la veste, ma non la sostanza.
In conclusione, se volete un disco di Punk/pop come ai vecchi tempi, meglio indirizzare altrove le vostre attenzioni, oppure riascoltarvi i primi 3 del gruppo, ma se volete seguire il gruppo americano nella sua evoluzione, o semplicemente ascoltare della buona musica che unisce divertimento e qualità, allora questo disco fa per voi.
Per me, insomma, è un sì, più che un no. I paramore hanno scelto di rischiare, ed io sto con loro.
Voto 8

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